Lo stato di conservazione della danza tradizionale in Abruzzo è da tempo compromesso dal mutamento culturale legato al tramonto della società tradizionale e al fenomeno della globalizzazione. Resistono sporadici eventi, quali l’uccisione del maiale, alcune feste di propiziazione e ringraziamento o di carattere rievocativo, quali il Sant’Antonio abate, il Carnevale, la festa dei Banderesi di Bucchianico.
Diversi fenomeni hanno volatilizzato sia la simbologia sia lo stile della danza, impallidendone la dinamica stessa. In Abruzzo la perpetuazione della danza tradizionale è oramai un fenomeno artificiale, che oscilla tra contaminazione e mercato dell’etnico. Anche una danza di notevole profondità storica ed emblematica della regione, oltre che molto conosciuta, come la ‘saltarella’(saldarèlle), ancora nota e praticata, almeno in alcune zone, attraversa un processo di profonda crisi d’identità. Sebbene venga riproposta nell’ambito decontestualizzato dei numerosi corsi di danza e dei festival di folklore e musicali, è in marcato declino, tanto da non essere recepita come “propria” a livello popolare, a differenza della “pizzica”salentina, che si sta rapidamente diffondendo in Abruzzo. Diversi studiosi hanno notato, nel caso della saltarella abruzzese, come l’area geograficamente centrale di questa danza corrisponda a quella della transumanza. Alcuni aspetti fenomenologici della saltarella la rendono particolarmente interessante per un’analisi di carattere antropologico. Due caratteristiche emergono con particolare evidenza: la sua profondità storica e la sua funzione di danza-corteggiamento. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’area di distribuzione appenninica e la modalità circolare tipica della saltarella suggerisce l’ipotesi che si possa trattare della sopravvivenza di un genere “tribale” e quindi addirittura protostorico, come suggerisce la possibile comparazione con altre danze a struttura circolare diffuse presso collettività che hanno conservato caratteri di ancestralità. Tale ipotesi può essere estesa ad altre danze musicalmente e strutturalmente, oltre che geograficamente,p contigue, diffuse nell’Abruzzo meridionale e nel Molise settentrionale. Per il secondo aspetto, ovvero il significato erotico e di corteggiamento, i riferimenti possibili sono la rappresentazione della fecondazione totemica ed il confronto con le danze di corteggiamento noto nel mondo animale. La danza si eseguiva in occasioni delle feste del ciclo stagionale di ringraziamento, ma anche in occasioni di eventi di passaggio, come matrimoni e riunioni private. Un capoballo (spesso il cantante) esegue richiami come “Avanti chi balla?,forza forza!,un giro e si cambia!” e così via. Gli ingressi dei danzatori sono spesso intercalati dal canto a “suspétte” quali “Abbàlle Francische, abbàlle Nicole, abbàlle la serve di menzegnòre”. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, l'Abruzzo del versante adriatico può essere diviso in due zone. La prima è quella del teramano la cui saltarella palesa affinità con il saltarello marchigiano e del reatino, caratterizzati da due fasi di esecuzione distinte,una frontale e una rotatoria, e contraddistinto da numerosi virtuosismi di “spuntapiedi”, passetti veloci e poco ampi. La seconda zona è quella teatina dove nell’area della Majella la saltarella convive con la ballarella, mentre nell’area frentana e della Val di Sangro e dei Monti Frentani dominano forme nettamente circolari, con inserimento di coppie multiple e cambi complessi, tipiche anche di balli quali l’jisciana e la spallata.
La jisciana: bellissima danza popolare del medio vastese il cui nome deriva forse da Gissi o da Liscia. Presenta una struttura in cui le coppie progrediscono su un cerchio nel senso di ballo mentre i singoli ballerini si intrecciano seguendo percorsi ad otto. Questo determina la sensazione in chi guarda la danza, di un movimento retrogrado ed ipnotico. Ha origini molto arcaiche.
La ciuppecarella: è una variante della saltarella che ha forti similitudini con la jisciana ed altre danze circolari dell’alto vastese. Si esegue sporadicamente a Palmoli. Le coppie procedono frontalmente su un grande cerchio effettuando degli scambi maschili accompagnati da rotazioni delle donne. L’uomo esegue un passo saltellato mentre la donna marca ritmicamente sul piedi sinistro.
La palmarese: si tratta di un ballo circolare a più coppie miste, ballato con uno schema a cerchi percorsi in senso antiorario con spiccato riferimento al movimento del sistema terra-luna intorno al sole. Il nome della danza significa “palmolese” cioè ballo alla maniera di Palmoli.
La spallata: una danza legata al cerimoniale nunziale che intreccia elementi di evidente energia maschile con quelli di allusione erotica nelle forme, con presenza mista di uomini e donne. E’ molto tecnica e presenta numerose varianti ed una struttura complessa. Tutt’oggi ballata a Schiavi d’Abruzzo, questa danza prevede scambi ed avvicinamenti nelle coppie disposte in file parallele, frontali o in cerchi..
Li sirpitille: si esegue a Roccaspinalveti e prende il nome dalla parola serpentello il cui movimento è imitato dai ballerini che formano la figura di una “catena inglese” intrecciando le braccia. Nel caso in cui vi sono solo due coppie a ballare, si ripete di continuo l’incrocio delle braccia alternati a virtuosi cambi di dama, eseguiti in modo da simulare appunto il movimento di un serpente. Alla presenza di un numero maggiore di coppie si eseguono una serie di figure tipo quadriglia, al comando di un maestro e si chiude alla fine con il solito incrocio di braccia al comando.