Fiom-Cgil Chieti denuncia il cattivo stato delle infrastrutture in Val di Sangro

Strade pericolose e mancanza di rotatorie limitano la crescita economica della zona produttrice del PIL abruzzese

Armando Travaglini
24/03/2023
Attualità
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Da anni la Val di Sangro è alle prese con una vera e propria piaga che limita fortemente la crescita e lo sviluppo economico della zona, ossia la mancanza di infrastrutture affidabili e sicure.

In una zona dove viene prodotta una parte significativa del PIL regionale, garantendo inoltre più del 50% dell’export abruzzese, le strade non risultano essere adeguate al traffico esistente ed in alcune situazioni avere standard di sicurezza accettabili.

A denunciare per l’ennesima volta questa situazione, che si porta avanti ormai da decenni nonostante l’avvicendarsi di governi di centrosinistra e centrodestra, è la Fiom-Cgil Chieti.

Ogni giorno sono più di 22mila i lavoratori che transitano, secondo la stima del sindacato di Maurizio Landini, sulle strade della zona industriale della Val di Sangro per dirigersi verso i propri stabilimenti. 

Qui sono situate alcune delle fabbriche più importanti della regione come la Fca Italy (ex Sevel), la Honda Italia, la Trignano e tante altre realtà industriali che contano centinaia di dipendenti residenti nel vasto territorio circostante e non solo. 

“Ormai gli incidenti all'incrocio di via Italia non si contano più – denuncia il sindacato guidato dal segretario generale provinciale, Alfredo Fegatelli, e dal segretario provinciale Andrea De Lutis - . Eppure, nella regione delle rotatorie, non si capisce cosa impedisce di farne di necessarie o comunque ricercare soluzioni necessarie in questi incroci per garantire la sicurezza. Persino sull'autostrada L'Aquila Ovest hanno fatto una rotatoria provvisoria e su una strada importante che collega importanti aziende del territorio non si fa nulla.”

“Richiamiamo le responsabilità la Regione Abruzzo e in particolare l'ARAP – conclude la Fiom Cgil Chieti - che dovrebbe organizzare per le imprese quel pezzo di territorio. Se l’ARAP non dovesse avere le competenze necessarie, coinvolga l’ANAS per trovare le soluzioni più idonee.”

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