La notizia è giunta nella serata di mercoledì: la Procura di Bergamo ha inviato la dichiarazione di chiusura indagini sulla gestione dell’emergenza covid19 nei primi mesi. L’attenzione dei magistrati si è concentrata principalmente su tre aspetti nell’inchiesta partita dopo gli esposti dell’associazione Familiari vittime Covid19: mancata zona rossa in Val Seriana, decisa e per la cui istituzione si stava inviando l’esercito quando improvvisamente tutto fu ritirato, mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale (fermo al 2006) e la gestione dell’Ospedale di Alzano chiuso e poi riaperto in poche ore dopo che erano stati individuati i primi contagi.
Già nella serata di mercoledì sono trapelati i nomi di alcuni degli indagati: l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, l’allora Ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, l’ex assessore alla sanità della Lombardia Giulio Gallera, il presidente dell'Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo e l'allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli.
Con il passare delle ore maggiori dettagli sono diventati di dominio pubblico. Tra cui altri nomi degli indagati, elenco in cui compare anche il manager abruzzese Claudio D’Amario. Attualmente direttore del dipartimento sanità della Regione Abruzzo, in quei drammatici mesi del 2020 D’Amario ricopriva l’incarico di direttore generale del settore Prevenzione del Ministero della Salute. «Non conosco gli addebiti. Devo leggere le carte. Quando le avrò, vedremo» ha dichiarato il dirigente della Regione Abruzzo all’Adn Kronos che, nel momento in cui è stato contattato dal giornalista dell’agenzia di stampa, non aveva ancora ricevuto nessuna notifica dalla Procura di Bergamo.

