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Colmi di gioia e gratitudine per un ascolto sincero e da amici

Il prefetto di Chieti ha visitato la residenza “La Quadrifoglio” di Rosello, in questi giorni visitata anche da una troupe giornalistica televisiva nazionale

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La vicenda del dono di un albero per il Natale in Vaticano pare che, salvo colpi di scena, sta arrivando a conclusione. Quel che sembrava un gesto normale, lineare, tradizionale di ogni anno ha visto una successione di eventi che ha raggiunto la ribalta nazionale e interessa le cronache abruzzesi e molisani da giorni. Sono alcuni aspetti di tutta la vicenda ma hanno occupato quasi tutta la scena pubblica. Altri risvolti e altri protagonisti sono apparsi. In queste settimane si è creata una rete di collaborazione e solidarietà che ha coinvolto la comunità di Rosello e altri comuni limitrofi. Una rete in cui tra i protagonisti, come ha sottolineato anche l’agenzia di stampa vaticana pubblicando la notizia del dono dall’Abruzzo, c’è la struttura residenziale riabilitativa psichiatrica “La Quadrifoglio”. “Un luogo di cura – ha riportato Vatican News - dove gli ospiti, integrati interamente nel tessuto sociale di Rosello, possono impegnarsi in un percorso riabilitativo individualizzato, partendo dall'osservazione e dal contenimento dei sintomi disfunzionali dovuti alla loro patologia per arrivare alla massima autonomia di vita quotidiana”.  

Questa mattina il prefetto di Chieti Armando Forgione ha visitato la residenza ed incontrato i ragazzi. «Mostrando una sensibilità che ci ha profondamente commossi, ha chiesto ai ragazzi di raccontare Lui la loro storia passata, il vissuto quotidiano, l'avventura che li ha visti coinvolti nella realizzazione di questi addobbi, i progetti di tutela della biodiversità di Rosello, il percorso di riabilitazione che stanno affrontando con tanto impegno – ha raccontato Mirko Pagliai – i ragazzi hanno ricordato al Prefetto l’importanza dei percorsi alternativi al carcere e la necessità di seri ed efficaci percorsi di reinserimento sociale, che partano dalla capacità di ascolto e di comprensione degli esseri umani».

In queste settimane anche riflettori nazionali si sono accesi su Rosello e su chi sta partecipando all’allestimento del dono per il Natale in Vaticano. Prima del prefetto Forgione anche le telecamere della RAI nazionale hanno raccontato l’esperienza di comunità di “La Quadrifoglio”. Una troupe del servizio pubblico ha trascorso un’intera mattinata con i ragazzi della residenza. «Dopo le interviste, tra l'una e l'altra ripresa, sono "rimasti" coi ragazzi – ha raccontato sempre Mirko Pagliai - Lo hanno fatto specie con microfoni e telecamere spente, con noi (operatori della comunità) un po' più distanti, per garantire loro una sorta di intimità - si sentiva e non si sentiva quello che si dicevano tra loro». Nella sua testimonianza della mattinata Mirko Pagliai ha raccontato che «quello che ho visto non è stato solo un rapporto (anche quello, sì, ed è quello del servizio) tra professionisti dell'informazione da una parte e destinatari di un servizio sanitario dell'altra, comunque persone che semplicemente hanno avuto un problema, come può capitare a tutti» in «una chiacchierata, onesta, sincera e intima, tra amici fraterni, tra persone che si sono messe (perché lo hanno scelto loro) sullo stesso piano. Più che una semplice percezione soggettiva, perché piuttosto evidenza materiale di quello che è accaduto, che era oggettivamente sotto i nostri occhi». Quel che ha «realmente riempiti di gioia e gratificati» i ragazzi, ha sottolineato Pagliai, non è stato l’essere «andati in tv» ma «che qualcuno, mosso da un sincero interesse e presentandosi come un amico, mostrandosi come tale a tutti gli effetti, li abbia voluti ascoltare. Li abbia voluti capire, raccogliere la loro sofferenza passata, condividere quello che oggi stanno facendo per stare bene con loro stessi, immaginare quali sogni sapranno certamente realizzare domani. Senza mai giudicare, da una parte, né abbandonarsi al pietismo, dall'altra». 

«Le cose più belle, più profonde, che mi hanno fatto commuovere e lasciato scappare qualche lacrimuccia, sono state dette perlopiù a microfoni e telecamere spente» ha raccontato Pagliai concludendo di aver visto «una troupe della RAI che ha dimostrato magistralmente come si combatte lo stigma sociale, con le telecamere e anche e soprattutto dietro le telecamere». 

 

 

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